NOTE - this review of Vicky's work (under her then name, Vicky Monck) appeared on the web site FemminArt Review in 2012. The website is now defunct, but the review has been preserved here, in the original Italian. Please note all links herein are dead. This layout is to give a rough illustration of what the review looked like originally. |
Absolute
La sostanza delle cose sfugge all’uomo da sempre, teso nella argomentazione della stessa e non nell’individuazione, impegnato a definire, poco a scoprire nonostante la prosecuzione logica dell’andare oltre se stesso. L’Arte si è opposta sempre alla velleità di celare, attraverso la scienza, la propria immagine riflessa. La Fotografia si è spesso interposta fra Arte e obiettività, fantasia, immaginario e rigore scientifico del risultato. Nella mutazione che ha condotto ogni forma d’Arte a rappresentare il metafisico, l’oltre, il nocciolo acclamato come sostanza, la Fotografia si è spesso rifiutata rimanendo legata al peso reale della visione,
quasi ad impedire voli nell’onirico, ritenuto dubbio, ma solo meravigliando per
la sua capacità di immortalare, e fra le altre la sostanza è proprio l’ideogramma della morte, pose che ci sfuggono in genere, tagli
di visuale che parrebbero volerci riportare ad una consolatoria concezione empirica della fantasia, dell’Arte, della vita. Vicky Monck è capofila della Fotografia come Arte pura, Sostanza, Risoluzione.
Nella infinita, meravigliata e meravigliosa serie di Selfportrait, apparentemente centrata sul sé, Vicky scompone l’interrogativo sulla propria identità in una serie di rifrazioni del medesimo soggetto, ciascuna autenticata dal momento, dal contesto, dall’azione, primo segno di avanguardia: l’Arte non è legata ad una ricognizione, catalogazione di momenti spuri del passato, che possono anche aver avuto una sostanza ma che ora, mentre parliamo, non ne hanno più, bensì al loro “divenire momentaneo”, alla esplosione o implosione del dire che si fa frammento e come tale molto più incisivo nella ricerca della verità di quanto siano le statiche reiterate, che addirittura, se riproposte all’eccesso, alterano, contraddicono l’impegno attuale. Vicky impressiona la pellicola nel flatus, qualcuno la chiama radianza, qualcuno intermittenza, che emana dalla realtà come attimo esplicativo che si fa uno con l’interrogativo, sostanza che si fonde con la sua sembianza, il significante con il significato.
Certo, la sequenza finale, raggelata comunque in una serie di fotogrammi, scatti, quindi inamovibili nel tempo potrebbe far pensare al medesimo rischio di perfezionamento della perfezione, ma in
Vicky l’alea si dissolve,
in quanto non lascia memoria del vissuto, trattandosi di semplici flash che la mano del soggetto non ha fatto in tempo a negare. Si può tornare a capo, sine fine, nessun momento è uguale alla precedente tornata, ma insegue il nostro attuale suscitando pensamenti e ripensamenti, perché, appunto, è materia viva, terreno instabile, risonanza, eco doppler, per cui muta perfino la forma fisica, come nella vita, di continuo, il fiume non è mai uguale a sé stesso, diceva Eraclito, e soltanto in questo divenire può risiedere una speranza di risposta. E neanche si può parlare, nel caso di Vicky, di divenire più o meno opportunamente rappresentato, perché lei rivela una non-coscienza della rappresentazione, lo dimostra il continuo, martellante rifarsi alla forma, come se lo scatto fosse unicamente lo sguardo, di quel momento, quindi finché vive, e si vive, è opportuno porsi la domanda. In questo caso la rappresentazione è da vedersi come quesito, performance, ed è davvero raro che la Fotografia si presti alla perform, in quanto pensa di esserlo nativamente, quindi scevra dal bisogno di
attualizzarsi.
Anche quando il soggetto muta, quando non è più il sé ma il qualunque, cosa, persona, ombra, la sensazione non cambia,
è sempre la parvenza di una intuizione, felice o subita, con piacere o con orrore, che distrugge la foto e con essa la macchina, la fedeltà o le alterazioni, per lasciare il posto ad un ricordo presente, che si fa dinamica di vita, in quanto il futuro non è altro che un indistinguibile presente.
Questa è Avanguardia, contenere il futuro in un presente in grado di acquisire il passato, questo è l’Unum, fonte di Verità, questo è Assoluto. E Vicky
è lì, imprendibile come il suo occhio, dentro e fuori la camera.
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3 Commenti so far »
Bellissime foto!!!
Congratulations
for the works about my dear friend Vicky Monck and extended congratulations for
working in the name of women
Thank you
very much for the beautiful comment above from Maria and Liuba (a dear and beautiful friend).
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